Ali su Monte Pollino
da Sidera Versus, di F. Viator.
Non si muore. Ci si immagina di temere la morte:
si teme l'ignoto, l'esplosione, si teme se stessi.
La morte? No. Quando la incontriamo, la morte non è più.
(A. de Saint-Exupéry)
Avendo localizzato il punto in cui cadde lo Junkers Ju 88, pensammo di salire per portarvi una croce in castagno, realizzata da un nostro amico. Compiuto l'atto pietoso sotto un cielo coperto, ascendendo il monte con la neve immacolata – la prima consistente nevicata autunnale – di ritorno, passammo per Morano a salutare e ringraziare l'amico Fedele Mastroscusa autore dei testi redatti in tre lingue, stampati nella targhetta d'alluminio affissa alla croce.
Un lampo negli occhi faceva intuire la sua intensa partecipazione, mentre ancora fradici di pioggia ci invitava a sedere davanti al fuoco. L'indomani, alle 4 del mattino, spinto da un so che di nobile generosità, egli scriveva per noi questo "servizio", che più tardi faceva pubblicare su "L'Oleandro" di Villapiana.
23 novembre
23 novembre 1987. La neve scesa giù fino a quota mille ha disciolto le sue frange ai pendii boscosi di pini e faggi punteggiati da qualche acero. Avantieri, all'una di notte, entro il temporale tra le saette sinuose dei lampi si è acceso rosso e dardeggiante un fuoco vivo per dieci minuti. Un pino solitario, in alto, toccato dalla folgore.
Ora la neve è risalita verso i mille e settecento, e sull'antico sentiero, a strapiombo, c'è una colmata soffice di mezzo metro. Dal piede del contrafforte salgono due persone in tenuta rustica da campagnoli-montanari. Insieme e accostati, con la differenza di alcuni anni, della corporatura brachilinea e longilinea, con carico diverso. Il primo porta uno zainetto e una croce di legno di castagno, l'altro uno zaino maggiore. Il pendio snevato da un giorno è inzuppato e scivoloso, il sentiero arduo per lo spessore fallace dalla neve pastosa, Al termine del sentiero, che va col sole da est a ovest, è nascosto tra spuntoni e incespugliamenti ammantati l'imbocco a serpentina della sella boscosa. Ecco sul percorso un primo, grosso pino. I due si fermano, ancorano la croce al tronco con pietre sollevate a due mani. La croce latina confitta e rincalzata ha eguagliato i bracci, a croce greca. Al centro è avvitata una targa di metallo, chiara e lucente. Una scritta di tre righe ripetute […]
Der Weg der vier Flieger
aus dem dritten Reich
nach Himmelreich
Fruhling 1941
Dal cielo caduti
quattro giovani germanici
tornarono al cielo
Alites non alites
de coelo deruentes
ad coelum rediere
F. Viator posuit
X. Kal.Iul.A.D.MCMLXXXVII
Appena la neve sgombrerà, a primavera inoltrata, i due torneranno per cementare la croce. Ora scattano tre o quattro fotografie, poi discendono. […]
Sono entrambi saliti faticosamente, e con rischio portando una croce a quota duemila della montagna di Pollino. Per porre un ricordo, con una preghiera non di parole ma di opere. Nella primavera del 1941 uno Ju 88 da ricognizione precipitò con il suo equipaggio di quattro uomini nella sella tra le due vette maggiori. Nella nebbia l'apparecchio urtò la cima di un faggio. Più tardi, al primo disgelo, una spedizione di militari e di giovani partì da Castrovillari, e portò giù i resti dei quattro, e fu celebrato un funerale ufficiale con le autorità del tempo. Poi nessuno ne parlò più: degli sconfitti nessuno parla […]
Ma nelle sue frequenti e continue escursioni in montagna, che gli hanno ispirato un ottimo libro non convenzionale, Francesco è riuscito a quasi mezzo secolo di distanza a ritrovare il luogo della caduta e qualche resto del bimotore. Ha ritrovato una foto di allora (e l'ha ristampata) e ha conversato con qualcuno ch'era andato a quella ricerca pietosa. L'altro "alpino", che ha accompagnato Francesco, è Remo, entrambi della costa jonica.
Una osservazione si vorrebbe aggiungere: che il Pollino è meta nella buona stagione di escursionisti in gruppi, stranieri e nostrani. tutti giovanissimi, e l'età di tutto il gruppo non raggiunge l'età del pino loricato "zio Giuseppe", che tende i rami squamosi e curvi come membra di un gigantesco sauro remoto; ma è anche bersaglio e oggetto (ahimè, la natura-oggetto) di progetti e seminari e incontri con l'intervento di tribunizi discorsi.
Osservazione che può sembrare inutile e oziosa (anche Giulio Cesare di fronte agli stornelli veritieri e pungenti dei legionari trasteverini diceva all'aiutante di campo: "Lasciamoli blaterare, tanto mio è il trionfo, e gli onori e il potere!"), come oziosa e inutile può sembrare questa ascensione di Francesco e Remo, per portare una croce e una targa.
Coloro che hanno familiarità con la montagna, con questa montagna, e riconoscono un cespuglio una roccia, sanno anche se sono restii a dirlo, che non si tratta di un gesto sportivo o una prova a se stessi di volontà, ma di una preghiera. Preghiera alla montagna, alla morte, alla vita.