Le mie memorie di Colombia

Le prime undici pagine di un quadernetto manoscritto. Morano, 1890 circa.

Le mie memorie di Colombia

Li nove d'aprile 1889, alle dieci a.m. giunsi in Cartagena, con un caldo, che senza la menore esagerazione, scottava la pelle. Non è mia intenzione fare le descrizioni topografiche, e volendo non saprei; cosicché a tentoni a sbalzi, mi vo tracciando le cose viste, e quelle che mi mancava di vedere.
Come dico giunsi in Cartagena coll'intento di passare in Barranquilla, ove mi richiamava un sentimento d'affetto, pel mio piccolo fratello, che da dodici anni non l'aveva veduto, né ricevuto notizie, e per andare in B.quilla dovea imbarcarmi su d'un vaporetto che valicava sulle acque del fiume Maddalena cioè l'acque del gran fiume Maddalena, che si dilata, e forma diverse braccia, in uno di questi braccia, che conduce in B.quilla, infelicemente queste acque erano seccate a causa non aver piovuto da sei mesi, dovuto a questa circostanza ho dovuto attendere in Cartagena otto giorni speranzoso sul forse oggi forse domani, chi sa stanotte piove, e l'acque crescono. sì vana speranza! ... sicché non si sapeva cosa fare, e si restava avvilito su d'una sedia con un ventaglio in mano facendo un po di aria, perché in q. luoghi non se ne trova vento, ne si puo imitare: caminare non si potea, il caldo toglieva le forze ed il sudore bagnava le vesti.
Venuta l'ora del pranzo si va a pranzare ed ho! meraviglia la tavola imbandita, ma senza pane, senza vino, e senza birra; invece acqua salubre una specie di polenta dura, involta nel fodero delle spighe di granturco, il mangiare si compose di carne e riso, e uova, n'anco l'idea d'una foglia di verdura, la cena speravo d'essere migliore, ... carne riso e platano fritto ... e così fu invariabile durante la mia dimora, e volendo, con che variare? i campi invece di terra trovasi arena senz'acqua, a non essere le piovane ... e mi sovvenne del miseremini mei ... I giorni si passavano, senza speranza di poter uscirne da cotesto [... ?] Cartagene, che sebbene cinta da insormontabili mura, come l'antica perché fu costruita dagli Spagnoli, si poteva ben credere essere là il caldaio, dove Caronte bolle le sue anime.
Laggiù era il mio fine d'uscirne principale, quello di mutare aria e forse mutando cielo mutarsi il clima. ... chimera! le notte si passavano in un corridoio dove potea correre qualche auretta, che non si faceva mai sentire, l'atto del mattino erano identiche all'atto della sera, il mezzogiorno alla mezzanotte e così di seguito, e mi confermai sull'idea ch'il Sole puo essere abitato, visto che l'uomo puo vivere nei gran fuochi. Bisognava uscire a tutto costo e si pensò unito ad altri 5 compagni di viaggio, o di sventura, fittare degli asini, e così far la traversata in cinque o sei giorni, ciò che si poteva combiere col vaporetto in meno di 15 ore; d'altronte era inutile sperare che giusto l'affirmazione degli indigeni le piogge cominciano in Luglio, e finiscono in Ottobre, cominciare in Luglio vuol dire che piove copiosamente cinque sei volte al giorno, ed altrettanto la notte senza però refrescare l'aria che anzi è quando magiormente si sente il fuoco finire in Ottobre, poi si deve intendere che finisce davvero senza che mai una nuvola, un tuono, un baleno, venisse a turbare il bel sereno che siegue fino a tutto Maggio; non è questo un bel clima?
Si presero a nolo gli asini, ed in tutta la comitiva ve ne vollero, fra Uomini e bagagli un 18: principiò a sfilare la carovana verso le 5 p.m. per potere caminare le povere bestie, a cui il caldo e gli insetti torturavano, si dovea camminare di notte per non essere anche noi ammazzati dal Sole, alle sei eravamo fuori la Città, e già era notte, e gli benigni raggi d'argento illuminavano le tortuose vie piene di spine di annosi alberi, che il tempo avea deroccati, e stavano là [...?] senza che nessuno si prendea la cura di liberare il cammino.
Avevamo mangiato, ed il cammino, il caldo ci avea resi assetati, domandammo dell'acqua, e dissero non averne ma che breve si giuncesse in una Città e ci sarebbe stata somministrata, ci volevano ancora delle lunghe ore! ... ed io domandavo al mio garbatissimo vittorino s'eravamo vicini alla Città, o per lo meno alla acqua, mi disse di sì, ed io tesi l'orecchio per sentire il mormorio del ruscello ... ma nulla. si camminava, e nuovamente dissi siamo molto distante, dall'acqua o dalla Città, questa volta mi rispose siamo a una distanza di 15, o 20 minuti, non discrivo la sete le lagnanze della povera gente miei compagni,perche ognuno sa farsene idea!
finalmente sentimmo gracchiare le ranocchi, e col riflesso della luna abbiamo visto un lago d'acqua stagnante che i nostri condotteri s'allestirono per tuffarvisi, ed attingere delle acque: quelle acque erano verde putride, e fetide, ma pure fu giuoco forza beverle
La sete s'estinze, ed a pochi passi si vidde, come una grande aia che contenea dei cavagiuni [covoni], marciti, che a prima vista si supponeva averli abbandonati, perche le piogge l'aveano talmente deteriorati, che non teneva più conto ai bifolchi tritarli
Io curioso, domando al vittorino cosa erano, e mi rispose che già eravamo giunti nella Città chiamata Villanova ... Niente meno ch'eravamo in una città quando tutti credevamo d'essere in un campo, in mezzo a covoni! ... la popolazione immersa nel sonno taceva, e noi seguitavamo camminando per quelle sdrucciolose strade, della Città!
Si camminava di notte per evitare i raggi del sole, il sonno c'avvinceva, le zanzare che ci torturavano, si domandava se v'erano delle locande, dei trattori ec. ec., ci fu risposto che non eravamo mica in Cartagena, e che bisognava deporre il pensiero di trattori, e locande; si camminava dunque, il sonno, il sonno dopo la sete ci torturava egualmente, si cerco d'adaggiarci su qualche erbetta, e ne dissero che breve si trovava altra Città
Erano le tre del matino e compariva da lontano un'altra aia, cogli stessi covoni e si suppose essere l'altra città prognosticata, realmente era quella nomata
le stesse case, ... case quelle che gli indigeni chiamano case, e che sono composte di tacchi di legno, che vanno piantando lungo il diametro, [... testo incomprensibile] così la casa vi metto quattro piccoli travi, che servono a sostenere i pezzi di legno rotondi che hanno piantato soggettati così, vi passano delle piccole fruste incrocciate come una siepe e poi ammassano la creta, e colle mani, ad altro ne formano una crosta che poi imbianchiscono col latte di calce, e la cuoprono con erba [...?] ch'è di molto consistenza, ed ecco cio ch'è una casa di Colombia appena giunto in questa chiamata Città scendemmo da cavallo e ci sdraiammo a lato d'una di queste case, e si dormì fino a giorno avanzato. Il sole incominciava a bruggiare e cercammo asilo in una delle così dette case, dove la miseria la più squallida, e non mai vista mi si presenta allo sguardo. Uomini, donne, fangiulli tutti nudi, ed appena un lembo lurido e sdrucito cuopriva le parti vergognose, il cute di questi esseri a cui la forma sola mi induce chiamare uomini, e color di bronzo cosicché li diresti monumenti ambulanti.