Italiano e Inglesi del XIX Secolo. Appunti su Mary Shelley
Cinzia Mastrascusa
I CERTAINLY DID SPEAK ITALIAN (parte seconda)
Mary conosceva il francese, si dedicò allo studio del latino avviandosi a quello del greco sotto la guida di Shelley e poi di Alessandro Mavrocordato, fece anche letture di spagnolo. Si avverte nelle lettere giovanili un gusto particolare per le inserzioni multilingui e la mescidanza; sono richiamate tutte le diverse esperienze e competenze linguistiche in un inglese punteggiato di locuzioni e citazioni latine, in misura minore in greco, inserti in francese e in italiano. L'elemento italiano è quello più consistente, anche con qualche adattamento estemporaneo all'inglese36: si va da formule di apertura e chiusura ("Cara Signora…", "Amabilissimo Cavaliere…"; "…Adieu. State bene e felice", "…Addio or si piu piace a lei a diavolio", e simili)37 a intere frasi, esclamazioni, a singole forme38, a citazioni di modi ed espressioni peculiari, o ritenuti tali. Così, ad esempio, la Shelley si sofferma sui rituali di cortesia degli italiani, peraltro riccamente provvisti di oaths e abuse39:
You know the Italian manieres de compagnie – when Williams first saw this lady, they made him almost mad, and in vain do I try to drub into him a few of the expressions which fill up an Italian visit. I wrote them down, but he would not learn them; "ora la levo l'incomodo". "Incomodo! no, anzi è un piacare" – the answer alone makes him mad; but reply follows reply "Il piacare è tutto mio" "bontà sua", and some dozen more40;
e riferisce un'altra "abitudine" linguistica causa di smarrimento in alcuni conoscenti inglesi:
They told us that whenever you call at an Italian house the servant always puts her head out of the window and demands chi è whatever time of day or night it may be – The proper answer to this question is amici but those people {who} do no[t] know the proper reply are terribly puzzled to know what to answer to this chi è which meets them at every corner – one of their friend visiting a house after having been kept a long time in the street while they were screaming chi è to him from the window and he was exausting all answers to them but the right one – at length he made his way to the stairs which as they always are in Italy, were dark and as he was groping along the mistress of the house called out chi è and the poor man quite confounded not recognizing the voice – called out Bruta bestia, andate al diavolo – and rushed out of the house41.
Accanto a brani siffatti nelle lettere inglesi, disponiamo anche di ventuno lettere in italiano42 che suggeriscono la definizione di asistematicità e di casualità per la lingua adottata dalla Shelley, poiché le sue scelte, ai diversi livelli, sembrano obbedire all'ispirazione del momento più che conformarsi a norme stabilite o quanto meno a criteri costanti. Rappresentativa di questa variabilità è già la prima lettera che risale al dicembre 1820, nella quale sono presenti voci arcaiche, forme genericamente toscane e fiorentinismi, modi influenzati dall'inglese e dal francese. La riportiamo integralmente43:
Credete voi, amico mio caro, che ci è molto piacevole di
scrivere mille, e poi mille lettere, e di recevere punto risposto? Crudel,
perche? Davero non posso contare i giorni, le lunghe settimane, e le
mese piu lunghe ancora che son passate, e nessun ci porta le di
vot vostre lettere. Marianna e voi son ègualmente infedele. Chi sa
che mai sia divenuto di voi altri. Forse una stregua Laplandese
vi abia trasportati non all'aria dolce, e ai paesi deliziosi del
mezzogiorno; ma a qualche terra orrida, gelato e ruvidosa che
abbia infredato tutto il vostro amore per noi. Pero credo per certo
che voi in Inghilterra son piu duri ed aspri che noi, quando
vedo che cosi pochi di tutti i nobili defendeva↑no la disgraziata
Regina, chi davero credo sia innocentissima. Mi fa gran' pietà
questa donna; e quando si riflette della gran' differenza che esiste
fra il scelerato re, e questa regina pietosa e buona, che visita un
servo ammalato dal peste, s'arrabia; lui, il di cui carrattere
voi stesso avete depinto tanto bene, come pessimo; e lei la il di
cui piu grande fallo e di divertirse colla sua servitù, invece
di stare sola soletta quando i grdi grandi servili d'Inghilterra
l'ha↑nno abandonati intieramente. Si sa bene che era i espioni
che feciono il sentimento contra di lei, che esiste in Italia.
Ma non ostante questo sentimento forte tutti i Italiani
dichi dicono che per certo la evidenza no era assai per
condannarla – e davero mi pare che hanno un oppinione
molto piu fovarevole per lei dopo il codesto processo che avante. Tutti
son inorridito dalla indecenza del processo infame per sempre.
Recevemo intanto una lettera della cara Marianna, chi ci dice
che voi ci avesse scritto una lettera, ma fin'ora questo foglio tanto
sospirato non è arrivato.
Bisogna che vi parlerei, amico mio, d'una conoscenza che abiamo fatto
con un Professore a Pisa. Lui è davero il solo Italiano che ha un cuore ed
anima. Ha un spirito altissimo, un ingegno profondo, e un'elequequenza che
trasporta. I poveri Pisani lo credano matto; e racontano tante storiette di lui
che ci fa credere che davero è un poco stravagante, o per parlare in Inglese -eccen
tric. Ma lui dice – Mi credano matto e mi fa piacere che si sbagliarebbero
cosi; ma forse il tempo verrà quando vedrano che sia la pazzia di Bruto.
Ogni sera viene ala nostra casa e sempre fa le nostre delizie colle di sue
idee originale. Parla una belissima lingua Italiana, tutto differente della
idioma di oggi, che ci fa credere d'udire il Boccacio o il Macchiavelli parlando
come scrissono.
Poi abiamo fatto conoscenza con un' Improvisatore – un' uomo di
gran' talento – e molto forte nel Greco, e con un genio poetico incomparabile.
Improvise con un fuoco e justezza ammirabile. Il suo sujetto era il desti
no futuro d'Italia. Rammentò che Petrarca disse che ni gle alpe altissime
ni il mare bastava a difendere questo paese vaccillante e vecchio dai
Padroni forestieri – Ma disse lui – vedo crescere le ap alpe – e alzare e
turbare il mare stesso per impedire i di suoi men nemici. Sfortunata
mente lui, come qualchi poeti della nostra patria, trove piu
piacere nei applausi momentarii d'un teatro e le feste
che lo fanno le donne che di studiare per la posterità.
Vedete che intanto conoscemo ogni giorno un poco piu dei Italiani,
e sentiamo un grandissimo interesso nella guerra minacciata a Napoli.
che faranno? I nobili di Napoli sono independente e bravi; ma il popolo
e schiavo. Chi sa si la milizia resistavano le arme degli Austrani.
Quanti e tanti Italiani sospirono per la libertà, ma come in ogni paese
i poveri non hanno potere, e i ricchi mai vogliono rischiare i di loro
denari. I Italiani amano i denari quasi piu dalle Inglese – I ricchi
d'Inghilterra amano l'oro, ma i nobili d'Italia son inamorati di
rame ed il spiccio e i quattrini (half farthings) ricevono ↓dal loro tanto rispetto quanto
i shillings con noi altri.
V'è una' altra conoscenza nostra romanesca44 e patat patetica
e una do fanciulla di diece novi anni – g figlia d'un nobile Fiorentino,
bellissima – d'un gran' genio – chi scrive Italiana con un eleganza e
delicatezza chi eguala i migliore autori della milgl migliore età d'Ita
lia – Ma è infelicissima. La sua madre è una pessima donna: e essendo
gelosa dai talenti e la belezza della di sua figlia, la rinchiude
in convento dove non vede mai che le cameriere e le idiote.
Ne esce mai ma chiusa in due piccole stanze che guardono sullo
kitchen gar{den} poco pittoresco del convento, lamenta sempre la
sua pietosa condizione. La sola sua speranza è di maritarsi
Ma la sua essistenza stessa e g quasi un secreto – e che sposa
liza sara! Vi diro, amico mio come si maritono in questo
paese. E vi posso assicuravi della verita perche al momento
che scrivo, ho davante i di miei occhi una proposizione
per una ragazza Pisana – Il avvocato chi fa è impiegato
per fare questa proposta manda uno carta ↓foglio che commincia
cosi – "Il Giovane, col quale si desidera congiungesi in matrimonio
la Giovane proposta, è nel anno diece settimo: è statura grande, com-
plesso, senza imperfezione, di ottima salute, robusto e ave avvenute45.
Egli è di candidi costumi, ed una saviezza incomparabile; è studioso,
e bastantemente inoltrato nello studio delle belle lettere, a cui indefessa
mente si applica". Segue allora una descrizione ne della sua famiglia
e la di sua fortuna e espetazione; e del dote che aspetta – e fenisce
questo capo d'opera cosi. "Il giovane ↓matrimonio dovra effetuarsi due ass anni
dopo la stiputazione del detto contratto. Allorche i Genitori della Giovane
proposta verrano approvate le soprascritte condizione sara data immediata con
giun gnizione del Giovane di cui si tratta. E' necessario in fine di sapersi
l'eta della Giovane proposta." Ecco una sposalizia Italiana! Di piu
hanno un grandissimo orrore dei matrimonii ↓che si fanno senza il consentimento
dei Genitori. Sicuramente la tirannia domestica ha piu di forza qui
nei oppinioni – tutt e anzi nelle legge; tutt'ora che con pochi essetzione
i genitori son suavi ed indulgenti nelle ↓nei affari commune di
giorno in giorno –
Non Abiamo avuto punto inverno fin' ora – godiano
d'un'aria dolce e un bel sole di decembre – le piove del' Autum
no no son passati – e il paese quatunque è spogliato e ignudo
ride sotto i raggi d'un cielo chiarissimo – Lasciate – o mio amico
i vostri guai – e per qualche minute godiate voi anche
della mia bella Italia – Spero che questo foglio avra questo effetto –
Dio li vi guarda – voi e tutti che vi appartienono – Shelley e
Chiarina mandono mille e poi mille salute affetuosi – addio –
la vostra amico costanto – Marina46. —
Nelle varie sgrammaticature, colpisce l'ampiezza del vocabolario e la scioltezza nella scrittura. E' evidente dal punto di vista grafico una trascuratezza che è tipica della Shelley, con l'adozione anche in inglese spesso e volentieri di grafie aberranti. Sono oltre cento gli errori ortografici abituali censiti dalla Bennett nell'epistolario47. Per l'italiano il discorso è più complesso poiché è arduo stabilire in molti casi se si tratti di incuria, di imperizia, di derivazioni libresche o dal parlato o di ricostruzioni analogiche indipendenti. Possiamo rilevare comunque a livello generale una incertezza nella trascrizione di scempie e doppie48; un uso parsimonioso dell'accento – del resto assente in inglese49; un impiego incoerente dell'apostrofo (marca dell'apocope in gran')50 che accompagna l'articolo indeterminativo maschile: un'Improvisatore, un'uomo alla riga 40 (di contro a un ingegno 31 e un oppinione 23 – al maschile: più avanti nei oppinioni 90); col femminile un'elequequenza 31 ma un eleganza 62. Comuni sono scrizioni come <grandissimo interesso> 51, <qualche minute> 97 e <mille salute> 100 dove l'uscita del primo termine condiziona la terminazione dell'altro; e forse risente della contiguità di justezza 42 sujetto alla stessa riga (accostabile anche al fr. sujet).
Favorita da inglese e francese nella fonetica la conservazione di e protonica: defendevano 11 (ma difendere 44), independenti 52, decembre 94, depinto 16, recevere 2 (collegato con recevemo 26).
Diversi sono i casi di mancato accordo fra sostantivo e aggettivo e fra soggetto e verbo. Difficoltà appaiono nel trattamento degli aggettivi e dei sostantivi maschili e femminili in -e, che generavano imbarazzo anche nei toscani51. Per gli aggettivi al plurale: infedele 5, originale 37, migliore 63, commune 91. Con i sostantivi sono frequenti cambi di genere: le mese 4, il peste 15, il dote 82, pochi essetzione 90 (ma pure risposto 2); e al plurale le mese 4, le alpe52 43 e 45, le condizione 85, le legge 90. Si tratta in alcuni casi di forme attestate in italiano (i plurali femminili analogici in -e ad esempio erano consueti nella lingua letteraria e d'altra parte avevano il sostegno del vernacolo toscano), ma dobbiamo mettere in conto anche un margine di elaborazione autonoma della Nostra che comunque nei testi scritti o nel parlato attinge una lingua fatta di varianti, delle quali non sempre coglie il valore stilistico e fra le quali non riesce a decidersi53.
Questa oscillazione, a un tempo incertezza e ostentazione, è apprezzabile soprattutto nella morfologia verbale nella quale figurano una serie di voci arcaizzanti54: fenisce 82; gli etimologici recevemo 26 e conoscemo 50 (ma abbiamo 29, 40, 93); i presenti indicativi dei verbi di 1ª in -ono (sospirono 54, guardono 67, si maritono 71, mandono 100; ma racontano 32 e amano 56); i perfetti forti analogici feciono e scrissono (20, 39). In contrasto con il tipo sospirono è quello credano (32 e 34), originariamente fiorentino55, che vede invece l'allargamento della desinenza dei verbi di 1ª. Fiorentina antica (ove non sia un errore) è godiano 93; antifiorentino invece è il mantenimento di -ar- intertonico nelle forme al futuro e nel condizionale (sbagliarebbero 34, ma parlerei 29) che si ritrova occasionalmente negli anni successivi56. Erronee sono improvise 42 e trove 47 forse estensione arbitraria di -e della 3ª persona del presente congiuntivo comune in poesia o più semplicemente una sorta di desinenza neutra tuttofare utile nei casi dubbi.
Ancora per la morfologia da notare la riduzione nelle forme dell'articolo: al maschile solo il/i, come indeterminativo un (il scelerato re, i Italiani, un spirito); e l'uso di lui soggetto che sarà poi più sorvegliatamente sostituito con egli per essere ripreso come forma tendenzialmente maggioritaria in alternanza con egli e esso57.
Nella resa dell'aggettivo possessivo la preferenza è accordata alla forma perifrastica il di lui/di lei (al quale in linea di principio un inglese potrebbe far ricorso in funzione disambiguante data la non corrispondenza fra her/his, 'suo di lei o di lui', e sua/suo). Si tratta di un modulo di alta frequenza esteso indiscriminatamente anche in presenza dell'aggettivo con risultati curiosi: le di vostre lettere 4-5, i di loro denari 55-56, colle di sue idee 36-37, i di suoi nemici 46, della di sua figlia 65, i di miei occhi 73, la di sua fortuna 82. In seguito se ne farà un uso più assennato e ortodosso.
Fra i tratti riconducibili al toscano parlato la presenza dell'articolo determinativo davanti a aggettivo possessivo seguito da nome di parentela (la sua madre 64)58, e l'uso di alterati (storiette 32)59. Fra gli altri che si segnalano per la loro ricorrenza l'uso di numerali iperbolici (mille e poi mille lettere 2)60.
Sono presenti interferenze col francese: chi pronome relativo riferito al soggetto (26, 62, 63, 74) e generalizzato (riferito all'oggetto: 12); ni particella negativa correlata 43-44; uso del partitivo 89; si a introdurre un'ipotetica 53; l'aggettivo indefinito declinato: qualchi poeti 47. Inoltre: espioni 19; romanesca 60; forse verrano 85 'vedranno' (fr. verront, ma vedrano 35), stregua 6.
E con l'inglese: in forme come Laplandese 6 (su Lapland 'Lapponia'), Austrani 53, momentarii 48; nell'uso di maiuscole con nomi e aggettivi etnici (6, 30, ecc.); in grafie come <Autumno> 94. All'inglese possono ricondursi pure espetazione 82 (che potrebbe essere anche un arcaismo), e impedire 46 ('ostacolare'), possibile in italiano come latinismo.
Col passare degli anni queste difformità tendono ad attenuarsi, si riduce l'assunzione entusiastica di elementi raccogliticci; grazie alle più ampie letture e alla pratica maggiore la scrittura si fa più fluida benché permangano contrasti ed incertezze. Notevole è l'italiano di alcune lettere a Teresa Guiccioli, come la seguente, dove la Shelley si abbandona con movenze ortisiane ai ricordi e al dolore dopo la morte di Byron61:
Carissima Amica
Come scrivervi? Come esprimere l'alto dolore che mi pugne il core? Povera Teresa! siamo ormai sorelle nella infelicità! Temo che una mia lettera sara un raddoppiamento della vostra tristezza, e pur troppo sento che non vi rechera alcuna consolazione. Non posso addoperare i luoghi communi della consolazione, giacche so io che sono falsi. Come dirvi che la pace vi attendera quando il tempo abbia guarito le piaghe del dolore, e provo che queste piaghe sono immediabile dal tempo? Ogni giorno si sente più al di dentro quanto poco vale il mondo quando l'oggetto amato ci manca. Non ha detto il caro Byron se stesso (egli che conobbe al fondo il cor femenile) che tutta l'esistenza d'una donna dipende dall'amore, ed allorchè perdiamo un amante non ci sia altro rifugio che
To love again and be again undone
Ma noi, cara Guiccioli, siamo private di questo rufugio. Il destino diede ad ambedue i primi spiriti del secolo, perduti loro, non v'è un secondo amare; ed i cori nostri sempremai vedovati, non sono altri che monumenti per dimostrare la felicità ivi sepolta.
E l'ho veduto per l'ultima volta! Non vedro mai più il più bello di tutti gli uomini, quella gloriosa creatura che fu il vanto del mondo; mai piu sentiro la sua voce o leggero la nuova poesia figlia del suo imparagibile genio. Non devo forse sfogarmi in questo modo, e destare le vostre lagrimi ora che i miei occhi sono offuscati dalle dolorose acque. Ma quando persi la cara metà di me stessa niente mi recò tanta consolazione quanto i di lui lodi – mi pasceva di quei, e mi figuro che voi anche amarete sentire nell'espressione dell'afflizione d'una amica di Byron, l'eco dei tuoi pianti. Vorrei che fossi presso a te, cara Contessina; parleremmo insieme del diletto Byron, ci ramenteremmo del tempo che abbiamo passato insieme – dei nostri passeggi, quando egli veniva davante di noi in tutta la gloria della sua beltà: sarebbero le nostre converzazioni interminabili. Ma non vi manca sicuramente la simpatia degli amici; mi è grata l'idea che siete fra dei cari, e godiate tutto il conforto che la tenera amicizia può dare.
Quanta paura aveste di questo viaggio! ogni giorno sono più sicura che Dio ci ha dottato col potere di prevedere i nostri mali. Ma siamo tutte quante delle Cassandre; e cosi cieche siamo che non diamo orreccho alla voce silenziale che si fa sentire nell'anima. Si conosce poi la verità allorché sono le profezie addempite […]
La Williams vi prega di gradire l'espressione della sua simpatia. Poverina! Sta assai male lei: è dimagrita al punto di far orrore, e la salute pare affatto rovinato. Per noi altri settentrionalioti non v'è primavera per far risalire i corpi soffranti; il freddo, la pioggia e gli spessi cambiamenti dell'atmosfera indeboliscono e guastono le costituzioni i più robusti; il s{ole} è sempre oscur{ato}. Ma perche parlare di sifatte bagatelle. Questa disgrazia fare[bbe o]scurare il bel cielo d'Italia ed i di lei fiori saranno {per} voi solamente tanti ornamenti per il sepolcro di votro amore. Coraggio intanto, che pare che ci sia nuova legge della natura, e moriremo tutti giovani – Coraggio! sicchè per noi l'ignota via della morta è calcata dai nostri più cari; se quando facciamo questo medesimo viaggio, giungeremo ad un paese sconosciuto, quei che amiamo sono già costà e si affrettarono di farci le benvenute. Morire per noi non sara una seperazione dai bene della vità, ma un raggiugnimento ai tesori nostri rapiti ora dalla Morte.
Deh! Carissima mia, scivetemi col prossimo Corriere […].
L'inclinazione drammatica della Shelley, della quale un segno è già il "Crudel, perche?" della lettera a Hunt, trova qui più ampia espressione. Come per il brano precedente, per ragioni diverse (lì lo zelo del principiante, qui gli intenti celebrativi), siamo di fronte a un testo molto curato62, dai toni fortemente enfatici, con andamento sentenzioso ("Si conosce poi la verità…") e punte declamatorie ("Coraggio…")63. Si veda già in avvio la sequenza di interrogative di carattere piuttosto esclamativo (a rendere l'inadeguatezza e l'impossibilità di porgere un conforto) ed esclamative vere e proprie. A breve distanza due nuove interrogative, ancora di natura fittizia, e poi un'altra proposizione esclamativa ("E l'ho veduto…") che segna lo stacco dalla prima parte e introduce con solennità l'oggetto del rimpianto (gloriosa creatura, vanto del mondo, dall'impareggiabile genio). Il trapasso dalla sfera dei ricordi agli acciacchi contingenti della Williams è marcato da un abbassamento del registro (con il riduttivo e più colloquiale "Poverina!" e "Sta assai male lei")64 che torna a innalzarsi nell'esortazione finale, per poi scadere nel congedo con lo sbrigativamente conclusivo "Deh! sc[r]ivetemi...".
La sostenutezza del dettato appare anche nelle scelte lessicali: nelle poetiche deh, core e beltà65, nei letterari vedovati e pascersi, nel grecizzante settentrionalioti, nei traslati "le dolorose acque" (legato a una volontà di variazione perché poco prima aveva usato lagrimi) e "la cara metà di me stessa".
Abbiamo parlato di scelte a proposito del lessico, ma in effetti, più in generale, non sempre si tratta di scelte consapevoli quanto piuttosto di riecheggiamenti e cadenze interiorizzate che affiorano nei momenti di maggiore intensità emotiva. La dimensione letteraria, in apparenza più ricercata, è quella più spontanea nella scrittura della Shelley che si apre anche a suggestioni ritmiche:
viviamo colla speranza di visitar Italia avante il prossimo inverno. Felicità per me qui non si trova; neppur un oblio dei mali; mi figuro che a Roma, nella diletta cit[t]à dell'anima mia, lontana dai guai, ritroverei l'ombra del piacere66.
Il suo modo di procedere studiando il greco, dice Mary, era quello di mandare a memoria un certo numero di versi al giorno67. Si può ritenere che lo stesso sistema fosse seguito con l'italiano (fra i testi che lesse, soprattutto all'inizio, predominano quelli in versi – drammi e poemi –, e disseminati di citazioni in versi, non sempre precise, sono molti suoi scritti). Ma si badi che dietro al suo italiano c'è anche e soprattutto la sua lingua prima i cui tratti stilistici più appariscenti sono l'espressione magniloquente e l'esclamazione altisonante. Anche singole voci che potremmo, lo abbiamo fatto, riportare all'italiano letterario erano per lei normali per la vicinanza con le forme inglesi: così beltà preferita a bellezza di certo in ragione della maggiore sonorità e per il suo naturale allinearsi nella serie beauty/beautée; così vedovati il cui corrispondente widowed è comune nel suo inglese. Un'ascendenza esterna (avvertibile anche nel più generale sviluppo sintattico, sostanzialmente moderno) inoltre si ha in costrutti come in+gerundio che ricorre altrove, piuttosto un ricalco – questa volta sul francese. Una letterarietà dunque, diciamo così, di sostrato, che poco, mi sembra, deriva da specifici modelli d'italiano.
La lettera alla Guiccioli fu scritta circa un anno dopo la partenza dall'Italia. Il rimpianto, con il desiderio di un pronto ritorno, diventa la nota dominante di questi anni. "Ah Italy! did ever poor girl pine for an absent lover or lover for his far distant mistress, as I do for thee" prorompe in una lettera a John Howard Payne68. Non poter ascoltare più la lingua italiana è causa d'ulteriore mestizia: "Now I am exiled from those beloved scenes; its language becoming a stranger to my ears – my child is forgetting it"69. Una sola parola in cui s'imbatte per caso riesce a destare sentimenti tumultuosi:
"Italy – dear Italy – murdress of those I love & of all my happiness – one word of your soft language coming anawares upon me has drowned me in bitterest tears – When shall I hear it again spoken? [...] And thus the accumulating sorrows of days & weeks been forced to find a voice, because the word lucerna met my eyes and the idea of lost Italy sprung in my mind"70.
La lontananza nel tempo e nello spazio annulla la facilità d'espressione e la capacità di pensare direttamente nella lingua amata: "se trovarete più spropositi che il solito in questa lettera scusate – che il mio capo non si regge troppo bene – e mi vuol una gran' sforza p[er] pensare – e poi tradurre quei pensieri in Intaliana è una fatica di più", scrive a Teresa Guiccioli nel maggio 1828. Né mancano altre testimonianze delle sue difficoltà:
Scusa questa Italiana barbarica – non sento il linguagio – non lo parlo mai mai ne leggo pur sempre – ma pero che vuole! C'è una certa inusitatezza nella mia mente che mi fa dire cento spropositi, quando cerco di esprimermi in una lingua forestiera
si giustifica il 3 aprile 1835 con Gabriele Rossetti. Il 20 aprile lo ringrazia di alcune informazioni che le ha dato e gliene chiede di nuove:
Ah che impegn[o] la do p[er] rispondermi – ne ho veramente una vergogna indicibile adosso – Ma è così buono lei! – E poi la grammatica di questa lettera sara come la Cleopatra del Alfieri!
Lo spazio dell'italiano nell'epistolario va progressivamente riducendosi; non assistiamo più ai tanti slittamenti di codice delle lettere precedenti. Lo troviamo usato solo per necessità (con Bartolomeo Cini) o per una forma di cortesia (con la Guiccioli o Gabriele Rossetti). Come alternativa all'inglese si ricorre più spesso al francese (nella corrispondenza con Claire Clairmont). Ma all'italiano la Shelley torna in alcune pagine dei diari, il 30 agosto 184071, e più ampiamente l'11 e il 12 gennaio 1841 quando un improvviso miglioramento delle sue finanze le apre la possibilità di tornare "in questo dolce clima":
Eccomi – il cielo è annuvolato tramontato il sole – mai fa chiara di luna – ogni stella sparita – Come è cambiata la scena – come è cambiato il mio core – Cosa mai sara! –
Perso ogni Amico – Contornata la gente disgraziata – dubitando cosa fara p[er] il mio figlio – sperando nulla – infelice – tradita, solitaria!
Dio mio – prego – conserva il mio figlio – fa che egli riesce degno del padre suo – e più felice
Sa72 che io tornero in Italia – e mai più rivedra questo paese di ingrati – traditori, disgraziati
o fami morire – O mio dio soffro pur troppo – son pur troppo vilipesa, smarrite – disperata
E pure dovrei ringraziare dio che vive sempre mio figlio e lo ringrazio – ma il cor umano è cosa debole – ed il colpo ricevuto cosi fatale – e la mia situazione qui è cosi intolerabile, che non posso far di meno che lamentare e pregare dio che mi sia permessa di tornare in Italia e lasciare la Matrigna Inghilterra per sempre, o morire
Questo novo anno comminciato in lagrime – dolori, tradimento, e povertà – come mai si finira!
Grazie a dio! Pare che le mie calde preghiere sono udite esaudite – Pare – dio volesse che sara – ed io – se veramente tutto va bene – felice me! partiro di questo paese fra poco73.
Finalmente è di nuovo in Italia, a rinnovare i ricordi della giovinezza, a riappropriarsi di sapori perduti. A Riva del Garda indugia sulle insegne dei negozi: "I loitered in the town, delighting my eyes with Italian names and words over the shop-doors"74. Una sensazione di rassicurante familiarità, simile a quella, mista a sollievo, provata qualche tempo prima a Coire, dove, dopo aver viaggiato attraverso la Germania, si vede finalmente restituito il privilegio della parola. Con la scoperta che nella cittadina svizzera si parla l'italiano "many difficulties in the future disappeared". Alla sorpresa di un compagno – "You do speak Italian!" – la sua protesta:
I certainly did speak Italian; it had been strange if I did not; not that I could boast of any extraordinary facility of conversation or elegance of diction, but mine was a peculiarly useful Italian; for having lived long in the country, all its house-hold terms were familiar to me; and I remembered the time when it was more natural to me to speak to common people in that language than in my own"75.
36. Come praticareing: "in all praticareing with one's kind there must be some shew of equality" (II, 9).
37. Letters, I, pp. 134, 486, 230, 153.
38. A volte glossate: "we had no quattrini (i.e. farthings, being the generic name for all money)" (I, 220); "buscare as they call it - i.e. gaining their livehood" (I, 88), "cicala a kind of little beetle that makes a noise with its tail" (I, 74), "having first had a meteora cioè a rovina d'acqua" (I, 287).
39. Cfr. Letters, I, 227. Una qualifica poco gratificante è ricordata da Hunt: "If you paid anybody what he asked you, it never entered into his imagination that you did it from anything but folly. You were pronounced a minchione (a ninny), one of their greatest terms of reproach (Autobiography, p. 471).
40. Letters, I, 215. Strano è piacare, ripetuto due volte, quindi non un refuso. Bizzarrie grafiche non sono rare nella Shelley; c'è però il sospetto di un'errata interpretazione della Bennett, attribuibile a una scarsa confidenza con l'italiano, che risulta dalle trascrizioni non troppo accurate delle dodici lettere italiane che ho potuto consultare direttamente negli originali o in copie. Altra allusione, meno benevola, alla cerimoniosità italiana è nel resoconto della "zuffa" con i dragoni e delle indagini che le seguirono, in cui si parla del Cancelliere come a talkative buffon of a Florentine with "mille scuse per l'incomodo" (Letters, I, 235).
41. Letters, I, 67. Un'espressione che colpì altri inglesi ma invece non si trova nella Shelley è il "Che?", singolo o iterato, su cui si fermava Elizabeth Barrett in una lettera – "Che, che (as the Tuscan exclaim)"; presente nella Bishop Brougham's Apology di Robert Browning – "Che, che, my dear sir, as we say at Rome"; su cui si interrogava in una lettera a Frederic Leighton, suo "consulente" per l'italiano, George Eliot che poi lo avrebbe usato in Romola con numerose altre esclamazioni e voci italiane per caratterizzare il parlato dei suoi personaggi toscani, e che si ritrova anche in altri racconti ambientati in Italia (cfr. anche Goneril, di A. Mary F. Robinson, versione elettronica in Project Gutenberg, http://promo.net/pg; rimandi bibliografici: F. Kenyon, The letters of Elizabeth Barrett Browning, London, 1897, p. 397; The George Eliot letters, ed. by G. S. Haight, New Haven-London, 1954-55, 7 vols., vol. 4º, p. 39; G. Eliot, Romola, Nelson and Sons, s.l., s.d., p. 28).
42. Dieci sono dirette a Teresa Guiccioli, 6 a Bartolomeo Cini, 2 a Gabriele Rossetti. I destinatari della altre sono Leigh Hunt, le Autorità di Viareggio, Vincent Novello.
43. La trascrivo, conservando l'originale divisione per righe, da una copia del manoscritto, l' HM2747 della Huntington Library di San Marino, in California. Le espunzioni sono rese con testo barrato; gli inserimenti in corsivo, preceduti da ↓ e ↑ se a un livello diverso dal rigo base; in corsivo anche alcune correzioni attraverso sovrascrittura – segnalo solo quelle relative alle uscite vocaliche; queste le sostituzioni: trasportati < o (7); abandonati < o (19); tante storiette < tanti storietti (32); gle alpe < gli alpi (43); due piccole < dua piccolo (67); scrivo <e (73); uno < a (75).
I riferimenti nel testo sono alla regina Carolina processata per adulterio, a Francesco Pacchiani (il professore di Pisa), Tommaso Sgricci (l'improvvisatore) e Teresa "Emilia" Viviani (la fanciulla fiorentina).
44. 'romanzesca'.
45. 'avvenente'.
46. Marina è l'appellativo consueto nella corrispondenza con Hunt che conclude una sua lettera a Mary e Percy con "God bless you, ye two oceanic personages Conchiglioso e Marina" (Hunt, Correspondence, cit., I, 166). Per Conchiglioso cfr. shelly < shell 'conchiglia'; Marina sarà un adeguamento necessario per completare l'immagine d'acqua. A sua volta Hunt è La Caccia in una lettera del 1817 di Thomas Love Peacock a Thomas Jefferson Hogg, e Peacock è Il Pavone nei diari di Claire Clairmont. Su altro fronte Leigh Hunt diventa per assonanza Leontius e Egerton Webbe Egertonus Webbeius in conclusione di questa lettera: "DEAR HUNT, Holmesius et ego ibamus per Cheapsidam, when there came nobis obviam Mrs. H., bad news de te tellitur, et nostros breastes hinc vel maxime agonizatura, communicationibus suis most objectionabilibus. Both of nos eo ipso momento de te speakabamus, et immediately fuimus inspirati with a great desire payere tibi nostros respectos, et endevourare cheerere te with confabulationibus and spirited remarks nostris […] Et suum tuus fideliter EGERTONUS WEBBEIUS" (Hunt, Correspondence, I, 326). La traduzione o la deformazione del nome o l'attribuzione di un nomignolo (Marianne Hunt è Occhi Turchini) è il gioco più comune con la lingua straniera, che nuova, non sfruttata, assolve primamente una funzione espressiva e si ritrova spesso con intenti faceti e in contesti enfatici (un esempio da Hunt, Correspondence, I, 135: "Whenever I write to you [gli Shelley], I seem to be transported to your presence. I dart out of the window like a bird, dash into a south-western current of air, skim over the cool waters, hurry over the basking lands, rise like a lark over the mountains, fling like a swallow into the vallies, skim again, pant for breath, there's Leghorn - eccomi!") o iperbolici (ancora dalle lettere di Hunt, I, 222 e II, 128: "Mille bacj, bacissimi", "Your Padre Padrissimo") [La Caccia è in K. N. Cameron, Shelley and his circle 1777-1822, Cambridge, MA, Harvard University Press, 1961-1973, 6 vols., vol. 5º, p. 299; Il Pavone in The Journals of Claire Clairmont, p. 84; Leontius in Hunt, Autobiography, p. 396 e Correspondence, II, 39; Occhi Turchini nelle lettere di Mary, I 453 e passim].
47. Alcuni sono semplici varianti. La studiosa americana osserva: "Mary Shelley wrote of herself «A pen in hand my thoughts flow fast» […] which partially explains the air of spontaneity as well as the many minor errors in her letters. But her haste was not motivated by indifference to letter writing. On the contrary Mary Shelley frequently commented in her letters on the high value she placed on letters as literature […] She often recognized the efficiency of sharing letters and sometimes directed correspondents to give her letters to others to read" (Introduction, p. XIX).
48. Oltre a grafie latineggianti, mediate dall'inglese dal francese o dall'italiano (commune 91, scelerato 14, Improvisatore 40 e improvise 42), e riprese da fonti scritte del passato (oppinione 23 e 90 e forse anche il mancato raddoppiamento nei prefissati, racontano 32, inamorati 57) registriamo: l'univerbata davero 3, 12, 23, 30, 33, abia 7 (però abbia 9) e abiamo 29, 40, 93, infredato 9 (in una citazione precedente -dd-), s'arrabia 15, abandonata 19, vedrano 35, ala 36, belezza 65, belissima 37 (ma bellissima 62), essistenza 70, commincia 75 (probabilmente sul francese; in Letters I 552 ricomminciare, a II 35 comminciamento), effetuarsi 83, affetuosi 100, carrattere 15, vaccillante 44.
49. L'accento contraddistingue generalmente è voce verbale (15 sono le ricorrenze di è contro 4 di e – alle righe 17, 53, 61, 70); tende invece ad essere tralasciato negli altri casi (è omesso 24 volte su 31). E' una tendenza riscontrabile anche nelle lettere successive dove talvolta, per reazione, figura a sproposito: fù (Letters I 552), linèe (I 552), piùtosto (I 562), à (preposizione, sul francese, II 19) ecc.
50. Nel brano gran' pietà 12, gran' differenza 13, gran' talento 41, gran' genio 62; altrove, gran'amico (Letters, I 552), gran' bene (I 571, III 75), gran' sforza (II 36); e inoltre Grand Capitano (I 153), grand' piacere (I 332).
51. Cfr. Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-69, §§ 365 e 366.
52. La Shelley aveva inizialmente scritto <gli alpi> e poi ha corretto. Anche in un'altra lettera troviamo la forma maschile (I 459).
53. E ovviamente non l'aiutano nell'identificazione di una norma.
54. Quando scrisse questa lettera, la Shelley era immersa da qualche settimana, in preparazione di Valperga, nella lettura delle Croniche Fiorentine di Giovanni Villani. Se forme come feciono, recevemo e sospirono (di quest'ultimo tipo si hanno attestazioni successive che sicuramente sono influenzate anche dal toscano parlato) potrebbero anche risultare da un'insicurezza che spinge a rifarsi al modello più vicino in quel momento, cosa che non accade con voci di altissima frequenza come abbiamo e amano, per un altro arcaismo, piove 94, siamo chiaramente in presenza di un vezzoche presto è abbandonato. E' conservato invece contra 20, probabilmente per la sua maggiore vitalità letteraria.
55. Nel quale la Shelley ebbe forse modo di imbattersi nei mesi trascorsi a Firenze (dall'ottobre 1819 al gennaio 1820). Non è escluso però che sia dovuto a confusione col congiuntivo (tale potrebbe essere il secondo esempio di credano).
56. Per il futuro gli esempi sono quasi tutti al plurale: trovaremo, Letters I 562, lasciaremo, III 71, tornaremo 'volgeremo', III 72, trovaremmo, III 75 (interpretabile anche come condizionale, sta per 'trovassimo'), amarete I 419, trovarete II 35 e II 36 (però a II 36 troverete), restaranno e indicaranno II 35 (di contro a troveranno I 442, rallegrerete e passeranno I 562). Al singolare: cambiara II 167 (in tutti gli altri casi -er-). Registro anche un affrettarono 'affretteranno' I 420, e lascioro 'lascerò' I 332). Al condizionale solo consegnarebbe I 472.
57. L'unica ricorrenza di egli (alla riga 79) è nella trascrizione di un testo altrui, mentre lui 15, 30, 34, 45, 47; lei 16. Questa la distribuzione nelle altre lettere italiane: egli I 333, 419, 458 (5 occorrenze), 471 (3), 553 (2), II 19; lei I 420, 471, II 19 (2), II 168; lui I 458, 563, II 35 (2), II 168, II 241; esso I 420, 442; essa I 443. In qualche caso troviamo egli dove ci aspetteremmo lui: "ma per Bacco, è molto trascurante egli", e "dio volesse ch'io mi potessi liberare come ha fatto egli" (I 471).
58. Altri esempi dalle lettere: al mio marito (I 259), il mio marito (I 563), col mio marito (II, 19), il mio marito, del Mio Marito (III 59); il vostro fratello (I 458 e 471), del suo fratello (I 471); coi suoi figli (I 442), il mio figlio (I 552, II 19 e 36), col mio figlio (II 238); del suo nonno (I 562), della mia madre (II 28); il suo suocero (II 240).
59. Qualche altro esempio: lancetta 'piccola imbarcazione' (I 249), contentina (alquanto più contentina I 447-48), gioiellini (I 472), paroletti (I 528), piccinine (II 36), cosine (alcune cosine, come dicono i toscani II 240).
60. Altri esempi dalle lettere: mille volte (I 420), mille passeggii deliziosi, mille circonstanze, che vivesse Mill'anni (I 458), mille gentilezze (I 471), mille cose simili, vivere qui è peggio che morire mille mille volte! (I 472), Mi par mill'anni che non vi vedo (I 553) che viva mill'anni (I 562), cento spropositi (II 238).
61. La trascrizione è fatta dal microfilm dell'originale (MWS 350 della Carl Pforzheimer Collection, nella New York Public Library). Il testo completo si può leggere nel capitolo successivo.
62. Tra le mende ci limitiamo a segnalare l'uso improprio di costà 'lontano da chi parla e da chi ascolta' (altro esempio in Testo 7 riga 18 nel capitolo seguente; e si vedano anche le due occorrenze di costoro 'coloro' in Testo 4, 45); incongruenze nell'uso dei tempi verbali ("se quando facciamo … giungeremo … sono"); slittamenti dal voi al tu (ad annullare una distinzione che manca all'inglese moderno; voi è allocutivo confidenziale, con corrispondenti meno familiari – Gabriele Rossetti e Bartolomeo Cini – è usato lei o Ella).
63. Qualche altro esempio della tendenza esclamativa della Shelley: "Che colpa terribile! che fatal inimicizia del destino!", "Felice! la sorte sua mi pare troppo fortunato p[er] questo sventurato mondo", "A[h] povera Inghilterra – Orbo Mondo" (Testo 6, righe 10, 44-45 e 88); "Quanto è crudele questo mondo" (Testo 7, r 27). Altre volte il tono è più conversevole: "Alfine il Vro fratello è partito; mi dice di avervi fatto di cio consapevole; ma per Bacco, è molto trascurante egli" (Testo 4, rr 4-5).
64. Assai con funzione avverbiale è preferito a molto: "assai più grande" (II 168), "assai più indiscreta" (II 240), "assai dolce" (II 19); posposto all'aggettivo, forse eredità dei mesi trascorsi a Napoli, ma anche più marcato espressivamente: "ricca assai … dogmatica assai" (I 176, in una citazione, non sappiamo se alla lettera o no), "brutta assai" (II 35), "corta assai" (II 240), "peggio assai" (III 75). Inoltre "mi piace assaissimo" (I 471), "assaissimo piacere" (II 240), e anche "sono assaissima lontana" (II 19), "assaissime grate" (II 167). Un assai nel senso di 'abbastanza', sul francese, è nella lettera precedente. Conto in tutto nove esempi, di molto, per lo più nelle ultime lettere, e nessun esempio di moltissimo.
65. Core e beltà sono nella Shelley d'uso corrente; ma mentre beltà è adottata solo in un secondo tempo (cfr. belezza nella lettera precedente), core non incontra mai la concorrenza dell'allotropo dittongato.
66. Lettera del marzo 1825 (corsivi miei). Si veda anche questa pagina di diario (Journals, II, 505, ottobre 1827; tralascio le cancellature riprodotte nel testo): "Quanto bene mi rammento, sette anni fa, in questa medesima Stagione – i miei pensieri, i sentimenti del mio core – Allora cominciai Valperga – Allora sola col mio Bene fui felice – Allora le nuvole furono Spinte dal furioso vento davante dalla Luna [...] Scendeva àllor la pioggia – gli albori Si spogliavano – Autunno – bello fosti allora – ed ora bella – teribile – malinconica ci Sei – ed io – dove sono!".
67. Cfr. Letters, I, 155.
68. Letters, I, p. 530.
69. Journals, II, p. 471.
70. Journals, II, pp. 476-77.
71. "Tanto è la paura che ispira l'incertezza della vita che si scrive tale parola temendo che il sentimento della felicita n'cambiasse pur troppo spesso in lutto –
Chiedo – prego adunque che questo mi fosse – che n'ano salva la vita – la salute – il bu:essere del mio amato figlio – che n'ano servate p[er] me la fedeltà e l'affezzione d'–– ah! se fosse adempita questa preghiera sarei felicè pur troppo" (Journals, II p. 469). E' un brano interessante per la presenza di due dialettismi come n'ano e un o nun ("n' cambiasse"), che è strano trovare nella Shelley quando il rapporto con l'italiano è ormai prevalentemente mediato dallo scritto. Più che conseguenza di un minore controllo, comunque avvertibile in questi anni, saranno dovute a ragioni affettive.
72. Più probabilmente <fa>.
73. Journals, II, pp. 570-71.
74. Rambles, p. 264.
75. Rambles, p. 104. I compagni di viaggio si affidano a lei per incarichi vari, fra i quali, mentre sono a Como, la ricerca di un maestro: "My companions wanted a master for Italian. I asked Peppina if there was one to be found near. She recommended a friend of her's at Menaggio: he was not accustomed to give lessons, but would for her sake. This did not sound hopeful. I tried to understand his charges; but though I put the question fifty times, she, with true Italian subtlety, slid out of the embarassment, and left me uninformed: while I, for the hundredth time, did that which a hundred times I had determined not to do - engaged a person's services at no fixed sum. The whole thing turned out ill. The man belonged to the dogana at Menaggio; his Italian was not better than Peppina's own – who could talk it very tolerably for a short time; but in longer conversation soon slid into Comasque, or something like it. The man had no idea of teaching; and came so redolent of garlic, that the lessons were speedly discontinued. Of course, his charges were double those of a regular master" (Rambles, p. 125).