VINCENZO SEVERINI
PRONTUARIO
MORANESE-ITALIANO ED ITALIANO-MORANESE
di 400 vocaboli
DI COSE DOMESTICHE, SCIENZE, ARTI E MESTIERI
G. STRAFFORELLO
A VOI
PADRI E MADRI DI FAMIGLIA
A VOI MAESTRI E MAESTRE
CHE INSEGNATE
E CHE VERRETE AD INSEGNARE
NEL NOSTRO COMUNE
A VOI
CHE SIETE GLI ARBITRI
DEI FUTURI DESTINI DELLA NOSTRA TERRICCIUOLA
NELLA FIDUCIA CHE VI SIA UTILE
NELLA DIFFICOLTOSA CARRIERA DI EDUCATORI DELLE TENERE MENTI
QUESTO MIO BREVE LAVORETTO
UMILMENTE CONSACRO
AI MIEI CONCITTADINI
S'io vi dicessi che con questo mio lavoretto intendo dar dalla mia parte un leggiero impulso all'uso della lingua nazionale, così bella, così dolce in questa povera Italia, son certo, o Signori, anzi certissimo, che prorompereste in due fortissimi scrosci di risa, forse per non avvilirvi a confutare il mio dire, per non degradarvi e farmi le necessarie obiezioni. Ma io ho letto nel vostro pensiero, ed ho tradotto il vostro riso sardonico presso a poco in questi termini. – Perché abbiano effetto i tuoi intendimenti occorrono due cose: 1. Che il tuo lavoro anziché un semplice prontuario fosse un voluminoso vocabolario preceduto da un trattato di grammatica dialettale contenente da una parte tutte le voci del dialetto colla corrispondente in italiano, dall'altra tutte le voci italiane colla corrispondente in dialetto; 2. Che tal lavoro fosse esteso per tutti i dialetti della Penisola.
Un po' più adagio, Signori, un po' più adagio nei vostri giudizi, e cambierete linguaggio.
M'immagino, anzi son certo che ciascuno dei nostri braccianti, cui direte: – Domani voglio esser seminati di grano tutti quei terreni a secco al punto B; va dunque dal mio colono in campagna a dirgli che sospenda la raccolta e si prepari la semenza – vi ubbidirà senza aspettare che gli si spieghi o ripeta il comando. Dite invece al più culto dei vostri servi: – Va' al mio podere, e di' al mezzaiuolo che stasera vagli quella segala nelle soffitte della casina, e domani per tempo introduca i bovi nell'aia per trebbiare i covoni delle prime biche – voi avrete parlato in lingua araba e non potrete essere inteso ed ubbidito senza una lunga spiegazione di ciascun vocabolo.
Perché dunque le prime espressioni riescono così intelligibili appena udite, e le seconde così dure anche dopo spiegate? Forse non sono entrambe della lingua italiana? O forse le une sono del linguaggio familiare e le altre dello stile oratorio? No, tutte e due della lingua italiana, tutte e due del linguaggio familiare. La ragione è chiarissima, ed ognuno sa rispondermi che vi sono dei vocaboli accessibili ad ogni intelligenza, degli altri no. E perché dunque tal varietà di vocaboli, e quali sono i primi e quali i secondi? Non è difficile indagarlo.
Esaminando il nostro dialetto, analizzandolo e paragonandolo coll'italiano, vi si osserva questo di singolare, che esso cioè presenta tre classi di vocaboli: la prima comprende tutti quei vocaboli che esso ha comuni colla lingua nazionale, tali sono ad es. porta, finestra,
lanterna, rosa, spina, mamma ecc; la seconda quelli che dagl'italiani differiscono solamente per qualche leggera modificazione subita, es: iórnu, giorno, figghiu, figlio, manu, mano (A), ecc. e la terza quegli altri che all'italiano non si assomigliano nemmeno per ombra. Infatti nessuna somiglianza vi ha fra uncino e crócchiu, fra pannocchia e spica, fra zucca e cucuzza. Quindi nel mio Prontuario non era mestieri parlar della prima, né era utile parlar della seconda classe perché oramai qualunque persona nel nostro paese capace di far da sé quelle modificazioni e tradurre senza alcuno ostacolo in italiano quei tali vocaboli del dialetto, facendo da iórnu giorno, da cavaddru cavallo, da chiazza piazza, da Maronna Madonna. Anzi fanno ridere alcuni dei nostri popolani che talvolta parlando con delle persone civili, nel dubbio che quella tal parola (della prima classe) non sia detta a modo vi schiccherano di tanto in tanto un divedito per riverito, planzo per pranzo, a divedèrci per a rivederci, oda pro nobis per ora pro obis.
Mi son riservato quindi far cenno solamente di quelli della terza classe, e, facendo cenno di questi, ho ristretto il mio lavoro e mi son fermato soltanto sulle voci di cose domestiche, di scienze, arti e mestieri perché vivaddio, chi ha un po' di sale in zucca deve conoscere tutti gli altri.
Credo così di aver appianato un gran vuoto nella vita letteraria del nostro paese. Ogni altra città, ogni altro borgo, ogni altro villaggio non sarà privo certamente di un giovane che di queste cose ne sappia come me, più di me, meglio di me: un quidam qualunque potrà in ogni paese accingersi ad un sì lieve lavoro, un po' di pazienza, di buona volontà e di amor patrio e tira avanti.
Per me l'esempio l'ho dato, e nient'altro che questo potevo offrire. Se conoscessi tutti i dialetti, non mi spaventerei di assumere io quest'incarico: s'è fatto tanti sacrifizi per l'unità fisica, qual meraviglia farne un ultimo per l'unità di lingua e di pensiero di questa Infelice redenta?
Se le mie parole hanno dell'esagerato, compatitemi; se il mio lavoretto vi è parso unatrivialità, scusatemi; ma non mi negate il piacere di sentirvi di tanto in tanto profferire una parola italiana a di vedervi in mezzo ai vostri bambini colla croce e coll'avemaria insegnar loro come va detto nella lingua comune quella tal masserizia dello scrittoio, della stanza da letto e cucina.
Morano Calabro 17 Novembre 1879.
V. SEVERINI
(A) Tali modificazioni sono presso a poco le seguenti:
1. La E si converte ordinariamente in I, ma spesso anche in E chiusa: es. pera, pira, mese, misi, ferro, férru, medico, méricu.
2. L'O in principio di parola resta quasi sempre intatto: es. oro, oru, operaio, opràriu. Nel mezzo ora resta intatto, ora si tramuta in O chiuso, ora in U: es. corda, cordra, corpo, córpu, amore, amuri. In fine di parola sempre in U, es. libro, libru, amico, amicu.
3. Il dittongo ie si è cambiato quasi sempre in È aperta, ma talvolta anche in É chiusa: es. pietra, pètra, piede, pèri, cielo, célu, Diego, Drécu.
4. Del dittongo uo ne abbiamo formato un O chiuso: es. suono sónu, fuoco fócu.
5. La consonante B abbiamo sempre cercato di evitarla, e dove non si è potuto l'abbiamo commutata con la V: es. bianco iancu, bisogno visógnu; e a sua volta sàvia sabia.
6. La D si è spesso tramutata in T: es. ladro latru, padre patri; più spesso in dr: es. Dio Dréiu, Do Dro, ardito ardritu; spessissimo in R semplicemente: es. danno rannu, divertimento rivértiméntu.
7. La F è rimasta intatta, se non che in alcune parole, come fiato, fiume e simili, è stata sostituita da una non sappiamo se vocale o consonante, che mal sapremmo figurare e perciò ci contentiamo di farla rappresentare dalla J, avvertendo di pronunziarla, ove capita, come va pronunziata dai Moranesi.
8. La G si commuta spesso colla C: es. spiga spica, fatica fatiga, ago acu, spago spacu.
9. La L scempia, massime quando trovasi nel mezzo delle parole si suol tramutare in R: es. palmo parmu, Bloise (n. p.) Broisi. La LL doppia si tramuta in ddr, pronunziate colla massima dolcezza: quindi da coltello si è fatto curtéddru, da cella cèddra, da anello aneddru.
10. Le sillabe im ed in nel principio delle parole hanno lasciato la i, quindi da impaccio si è fatto 'mpacciu, da inchiostro 'nchiostru, da insalata 'nsalata. Quando poi la m si è trovata seguita dalla b, ha fatto quasi sempre tramutare in m anche quest'ultima: es. imbasto 'mmastu.
Intorno alla in bisogna ancora osservare che, quando è seguita dalla v, sia la n che la v vengono tramutate in m: es. invito 'mmito, in vita mmita.
12. Le sillabe glia, glie, gli, glio, si sono tramutate in gghia, gghie, gghi (pron. schiacc.), gghio: es. paglia pagghia, doglie rògghi, consiglio cunsigghiu, imbroglio 'mbrógghiu.
13. Le sillabe pîâ, piè, piò, più mutansi sempre in chiâ, chié, chji, chiò, chiù, massime in principio di parola: es. piazza chiazza, piega chjica, piombo chiùmmmu (o in u), più (avv.) cchiù.
Ecco in breve le principali modificazioni che hanno subito le parole passando dalla lingua nazionale al dialetto, onde, tenendole sempre presenti, è facile a chiunque ricondurre una parola del dialetto all'italiano. Così avendo per es. la parola stiddra, tramutando la i in e, e la ddr in ll, ritornerà stella.
Ortografia e pronunzia
Le vocali O ed E, soprassegnate dall'accento grave (`) han suono largo come nelle parole pirèttu,
caròti; quando han di sopra l'accento acuto (´) rendono suono stretto es. alésticu, nòzzuli
(1).
Per il suono della J V. nota A art. 7.
Le sillabe ddra, ddre, ddri, ddro, ddru, van pronunciate, specialmente nei vezzeggiativi, colla massima dolcezza della D.
Le sillabe sca, sche, schi, sco, scu, sottosegnate da una virgoletta, van pronunziate a mo' dei Napoletani, es. sçatula, sçherdi, asçhi, sçoma, abbusçu.
Spiegazione delle abbreviature
agg. aggettivo – pl. o plur. plurale – sing. singolare – s. f. sostantivo femminile – s. m. sostantivo maschile – V. vedi – v. a. o v. att. verbo attivo – v. n. verbo neutro – n. p. nome proprio – avv. avverbio.
(1) Nel nostro dialetto è talmente importante il far marcare il suono largo o stretto delle vocali E ed O, che in alcune parole basta esso solo a far distinguere il genere. Così ad es. i figghjicéddri tói significa i tuoi figliuoletti, i figghjicèddri tòi, le tue figliuolette.
PRONTUARIO MORANESE–ITALIANO
Abbaddratùru | Pianerottolo |
Abbrusçulatùru (del caffè) | Tostino |
Abbrusçuliri v. n. | Tostare |
Abitéddru | Breve o Brevino |
Acina | Uva |
Acquasantàru | Piletta |
Acquàta | Acquerello o Vinello |
Alésticu | Molenda |
Allaiàri | Sbadigliare |
Ammarràri v. n. | Allegare (dei denti) |
Ammolapòrfici | Arrotino |
Amùri (frutti) | Moricole o Morole |
Ancìni | Angina |
Annacàri | Cullare |
Arcu (malatt.) | Itterizia |
Arìddru | Vinacciuolo |
Arìgano | Origano volgare |
Arrizzàri (il muro) | Rinzaffare |
Arrogghiàri (la lana) | Ungere |
Asçhi | Assi o Panconcelli |
Astricu | Pavimento |
Attìppulu | Turacciolo |
Balìci | Valigia |
Bancàtu (del calzolaio) | Deschetto |
Bastùni | Mazza |
Baùgghiu | Baule |
Bicchéri (del pastaio) | Campana |
Binirìri (della donna dopo il parto) v. n. | Andare in santo |
Binirìri (del prete alla donna) v. att. | Mettere in santo |
Bùggia | Tasca o Saccoccia |
Buttùni (a carrozzèddra) | Bottoni gemelli |
Cacòni | Cocchiume |
Camàstra | Catena da fuoco |
Canalètta | Doccia |
Canìgghia | Cruscone |
Cannuléddru | Cannello |
Càntaru | Cantero |
Capaffócu | Alare |
Cappa | Mantello,Tabarro, Ferraiuolo |
Cappéddru a micciu | Cappello a tre punte |
Capu (della matassa) s. m. | Bandolo |
Carduni | Silibio Maria |
Carivùnchiu | Foruncolo |
Carivunèra | Carbonaia |
Carminari (la lana) v. att. | Spelazzare |
Caròta | Barbabietola rossa |
Casçaveddra | Susina |
Cascia (del telaio) | Cassa |
Catarràtta | Cateratta o Botola |
Catinàzzu | Lucchetto o Chiavistello |
» cu' a parola | Lucchetto a cifra |
Catinèddra (del liccio) | Staffa |
Catu (del manovale) | Vassoio |
Catùsu | Doccione |
Càuci (minata) | Calcina |
Càura (dari a) al ferro | Bollire il ferro |
Cauzèttùni | Ghette |
Cavagghiùni sing. | Bica |
Chiàna | Piallone |
Chianchéri | Macellaio |
Chianùzzu | Pialla |
Chichiriddru (della noce) | Gheriglio |
Chioppa | Collare (del cane) |
Ciculatèra | Bricco |
Cimminèra (nell’interno) | Cappa del camino |
» (nell’esterno) | Rocca del camino |
Cinniràcchiu | Cinigia |
Ciramìli (piani) | Embrici |
» (curvi) | Tegoli |
Ciramìlu (della tramoggia) | Cassetta |
Cirnìgghiu | Vaglio |
Ciàvula | Ghiandaia |
Cócciu | Crosta |
Cóppu (da cucina) | Romaiuolo |
Cótulàri le noci | Abbacchiare o Bacchiare |
Crucchiéttu màsculu | Gangherello |
» fimmina | Gangherella |
Crucivia | Crocicchio |
Cucchiàra | Mestola |
Cucugghiàta | Allodola |
Cucùmmaru | Cetriuolo |
Cùddrinéddri | Berlingozzi |
Cuddrùra | Boccellato |
Cùgghia | Ernia |
Cugnu (del legno) | Conio |
» (della camicia) | Gherone |
Culu (dell’ago) | Cruna |
Cumpagnìa (della sposa) | Corteo |
Cunucchiòla (del frullone) | Albero |
Cuperta | Coperta |
Curicìna | Picciuolo |
Curtéddru (del calzolaio) | Trincetto |
Cuncértu (di sposa) | Finimento |
Cuscìnu (da letto) | Guanciale, Capezzale o Cuscino |
» (da ricamo) | Tombolo |
Faléri (ovu) | Uovo barlacchio o boglio |
Fasciatùru | Pezza bianca |
Fasùli a occhjicéddri | Fagiuoli dall' occhio |
Favàzzi | Baccelli |
Féddrura | Férula |
Filarcicu | Sfilaccica |
Filari (delle bottiglie) v.n. | Incrinarsi |
Filu (di lino) | Refe |
Focaràcchia | Baldoria o Falò |
Fragasciàri (il muro) | Arricciare |
Fragàscia (del muratore) | Pialletto |
Frasca (del filugello) | Frasca o Bosco |
Frunna (del filugello) | Foglia |
Frutti cunchiuti | Frutte fatte |
» cruri | » non fatte |
» azzuppati (1) | » ammaccate |
» c' u vèrmu | » bacate |
Fucìtula | Fìcedula |
Fullùni | Frullone |
Fuma | Fumo |
Fumu | Fuliggine |
Funicéddru (del pastaio) | Piastra |
Furìa | Letto del filugello |
Fursiùni | Raffreddore |
Furticéddru (del fuso) | Verticillo o Fusaiuolo |
Gaccéri | Tagliere |
Gaddra (della noce) | Mallo |
Giarra | Coppo od Orcio |
Giurici (della Stadera) | Ago |
Gògna | Ciccia |
Gnòmmaru | Gomitolo |
Gracciòffuli | Carciofi |
Grampuddìni | Vitalba sing. |
Grammuléri (del pastaio) | Gramola |
Granàta | Melagrana |
Grani pl. | Vaiuolo |
Grappu | Graspo o Raspo |
Grarigghia | Gratella |
Grasta | Coccio |
Grastéddru (da ordito) | Rastrello |
» (da forno) | Tirabrace |
Grattacàsa | Grattugia |
Grattapinna | Nottola o Pipistrello |
Gróffuliàri | Russare |
Gróssu (della stadera) | Portata maggiore |
Gùccia | Apoplessia |
Gura (da sedie) | Sala |
Irmàna | Segala |
Irratòrra | Arcolaio |
Iustèrna | Cisterna |
Jètta (di capelli o simili) | Treccia |
» (di agli ecc.) | Resta |
Jòcculu | Nappa |
Laganatùru | Matterello |
Làmia | Volta |
Langèddra | Coppa o Nappo |
Lantru | Oleandro |
Lardiàri | Pilottare |
Lattàra | Nutrice |
Lavàri i piatti | Rigovernare (i piatti) |
Lantèrna | Lanterna |
» ad un ócchiu | Frugnolo |
Livéddru (del muratore) | Archipenzolo |
Lizzarùlu s. m. | Licciuola s. f. |
Lizzu | Liccio |
Magàra (del fornello) | Ventiera |
Màliva--ròsa | Pelargonio rosato |
Mammàna | Levatrice |
Manipula | Mestola o Cazzuola |
Mannaléddru | Nottolino |
Màrchiu (della stadera) | Romano o Piombino |
Masçatura | Serratura o Toppa |
Masçhettu | Saliscendo |
Matassàru | Aspo |
Mattràru | Tramoggia |
Mazza (del muro) | Scarpa |
Ménnula | Mandorla |
Micciu | Lucignolo |
Milùni di pane | Mellone o Popone |
» d'acqua | Cocomero o Anguria |
Mimìddru | Ago della toppa |
Miricóttu | Sapa o Mostocotto |
Mposimàri | Dar la salda |
Mpuddra | Bolla |
Muccatùru | Fazzoletto |
» da tasca | Pezzuola o Moccichino |
Muddrìchi | Bricie o Briciole |
Muddrètta | Molle |
Munnìzza | Spazzatura |
Musci, musci... | Muci, muci... |
Mùscula (del fuso) | Muscola o Coccarola |
Muttìta | Coltrone |
Muzzicàri (le castagne) | Castrare (le castagne) |
Mirlinciàna | Melanzana o Petronciano |
Morsu | Matassa |
Navètta | Spola |
Ncégnu (del pastaio) | Strettoio |
Ncenséri | Incensiere a Turibolo |
Nchijma (del guanciale) | Federa |
Nchijmatùra | Imbastitura |
Nculumàtu | Accoccolato |
Niràli | Endice |
Nnàitu | Ponte o Bertesca |
Nomi (della camicia) sing. | Marca, Contrassegno o Puntiscritto |
Nòzzuli (delle frutta) | Nocciuoli |
» (delle pannocchie) | Torsoli o Tutoli |
Ntràcia | Carbonchio |
Nzìlica | Selciato |
Nzitàri (la pianta) | Innestare |
» (il bambino) | Vaccinare |
Pàliu | Baldacchino |
Panzàta | Corpacciata |
Paparìna | Papavero (rosolaccio) |
Passamànu | Punto a spina |
Pèddra (dei canonici) | Insegna canonicale |
Péri (del telaio) | Panconi o Brancali |
Péricarùla sing. | Calcole plur. |
Péttinissa | Pettine di gaia o Diadema |
Pezza (dell'abito) | Toppa |
Pinnulïari (l' uva) | Piluccare v. att. |
Pintu (dal vaiuolo) | Butterato |
Pi, pi, pi... (alle galline) | Billi, billi, bili... |
Pilàga | Gotta |
Pipàzza | Peperone |
Pircòcu | Pesco |
Piròzza (di legno) | Bischero |
» ( di ferro) | Pirone |
Piréttu | Fiasco |
Pira putìra | Pera a campana |
Pirtùsu (del muro) | Covile |
Pisatùru | Pistone |
Pisciapréviti sing. | Pipita |
Pisciatùru | Orinale o Pitale |
Pisólu | Davanzale |
Pitrusìnu | Prezzemolo |
Puca | Pula, Loppa o Lolla |
Puntùra | Pleurisia o Pleurite |
Pupa | Bambola |
Purrìno | Porro o Verruca |
Purtàri a cantaréddru | Portare a predelline |
» a caucincéddru | Portare a pentole |
» 'ncóddru | » a tracolla |
» 'mbrazza | » in braccio |
Purtèddra | Occhiello |
Purtéddru | Sportello |
Purtugàddru | Melarancia |
Pustéuma | Apostema o Ascesso |
Pustùni (del pastaio) | Toppo |
Quagghiàri v. n. | Coaulare |
Quagghijnu (casu) | Cacio inverminato |
Quartéri | Caserma |
Ramuncéddru | Cedro-limetta |
Rasùla | Radimadia |
Rétupùntu | Punto addietro |
Ricattatùra | Trecca o Rivendugliola |
Riddrattàri (le uova) v. a. | Diguazzare o sbattere |
Riga (dello scrittoio) | Riga |
» (del muratore) | Regolo |
Rïùla | Mezzùle |
Rizza (della finestra) | Rete |
Rizzòlu (1) | Orzaiuolo |
Rósuli | Geloni |
Rugna | Rogna o Scabbia |
Rùmmuli | Rulli |
Sacchètta | Saccoccia o Scarsella |
Saccu (del letto) | Saccone o Pagliericcio |
» (i notti) | Sacca da notte |
Sagnìa | Salasso |
Saiòla | Bilancetta |
Saìtta (del mulino) | Cateratta (del mulino) |
Satimùrra | Salamoia |
Santunìna | Santonina |
Sartània | Padella |
Sauzìzza (del maiale) | Salsiccia |
» (delle gambe) | Incetto |
Sangiuvànni | Comparatico |
Scaravàiu | Blatta |
Sçattagnòla | Nacchera |
Sçherdri | Schegge |
Scifu | Truogolo |
Sciddróttu (della camicia) | Quaderletto |
Scigu | Strappo |
Sciù (alle galline) | Scio', scio', scio'... |
Scòddra | Corvatta o Cravatta |
Scrima | Scriminatura o Dirizzatura |
Scrócchiulàri (fag. o pisel.) | Sgranare |
Scupetta | Spazzola |
Scùpulu | Spazzaforno |
Sdanga (del pastaio) | Stanga |
Serràcchiu | Saracco |
Siccia | Sepia |
Sippórtu | Cavalcavia |
Sìricu a cruci, a munnu | Filugello da 3 da 4 mude |
Smammàri | Divezzare |
Spànniri (i panni) v. a. | Sciorinare |
Spartu | Ginestra |
Spica (del frumento) | Spiga |
» (delle calze) | Fiore o Mandorla |
Spingiméntu | Companatico |
Spinzu | Fringuello |
Spugghiòla (del filug.) | Muda |
Spurli | Sbavature |
Spurtùni | Cesta |
Ssùgghia | Lesina |
Ssùgghiu (d' avanti) | Subbiello |
» (di dietro) | Subbio |
Staffìli | Frusta |
Stantu | Stipite |
Stròna | Gora |
Suppìgnu | Soffitta |
Suprissàta | Salsicciotto |
Sutàzzu | Staccio |
Suttacànni | Soggolo |
Suttìli (della stadera) | Portata minore |
Taccarèddra (del mulino) | Nottola |
Tagghiatùru | Tagliuolo |
Tagghiòla | Trappola |
Tata | Babbo |
Tènna (della filatrice) | Gugliata |
Ti, ti, ti... (alle galline) | Curra, curra... |
Tiiànu | Tegame |
Tiiddru | Correntino |
Tiièddra | Tegghia |
Timpàgnu | Fondo |
Tinèddra (del bucato) | Mastello o Tinello |
Tiràntuli | Stracche |
Tirapèri (del calzolaio) | Pedale |
Tizzùni (del lucignolo) | Moccolaia |
Tòrchiu | Strettoio |
Tòrtanu | Boccellato |
Tórcitùru | Randello |
Trivèddra | Succhiello |
Trivìddru | Zipolo |
Usciti plur. | Soccorrenza |
Vacìli | Vassoio |
Vaiàni | Fagiuoli verdi o in erba |
Valanzùni | Staderina |
Vanèddra | Intercapedine |
Vantisìnu | Grembiale |
Varcàri (il panno) v. a. | Sodare |
Varchèra | Gualchiera |
Varòla | Ghiera o Vera |
Varra | Stanga |
Vavaròla | Bevaglio o Bevaglino |
Vavàzzu | Gozzo |
Vérciàli | Ghiaia |
Vernicóculi | Albicocche |
Vértula | Bisaccia |
Via (dell' ordito) | Mezzetta |
Vìrdulu | Trivello |
Vizza | Veccia |
Vózzi | Scrofole |
Vòccula (del portone) | Picchiotto o Martello |
» (del bottone) | Picciuolo o Gambo |
Vrascéra | Caldano o Braciere |
Vitranèddra | Morbillo |
Vrigola (del telaio) | Bacchetta |
Vrógnu | Bernoccolo |
Vùmmula | Orciuolo |
Vutàri (la casa) v. a. | Ripulire il tetto |
Zagàgghia | Legaccia o Cintolino |
Zappa (del calcinaio) | Marra |
Zàzzara | Zacchera o Panziera |
Zigarèddra | Nastro |
Zippa | Rete od Omento |
Zippùni | Ceppo |
Zizignòla | Gingallegra |
Zòntaru | Sgorbio o Scorpio |
Zóppichiàri | Fare il piè zoppo |
Zuccaréddri(2) | Chicche |
(1)
Pronunzia aspra. |
PRONTUARIO ITALIANO–MORANESE
Questa sezione del Prontuario è omessa poiché sostanzialmente speculare a quella Moranese-Italiano (ma vedi le Note sull'edizione).
NOTE SULL'EDIZIONE
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